Cluetrain manifesto, una dichiarazione d’amore al web libero

Cluetrain manifesto, una dichiarazione d’amore al web libero

Ascolta, Internet.

Sono passati quindici anni dal nostro precedente messaggio, il cluetrain manifesto.

A quel tempo la Gente di Internet – io, te e tutti i nostri amici degli amici degli amici, fino all’ultimo Kevin Bacon — ha fatto di Internet un luogo stupendo, pieno di meraviglie e di portenti.

Dalle cose serie a quelle scherzose fino alle più assurde, abbiamo distrutto giganti, creato eroi e modificato le più semplici convinzioni su Chi Siamo e Come Va il Mondo.

Ma adesso, tutto il buon lavoro fatto insieme sta per affrontare pericoli mortali.

Quando ci siamo rivolti a te per la prima volta, volevamo metterti in guardia della minaccia rappresentata da chi non capiva di non aver capito Internet.

Questi sono “Gli Stolti”, i business che hanno semplicemente fatto proprie le trappole di Internet.

Ora due nuove orde minacciano quello che noi abbiamo costruito l’uno per l’altro.

Marauders capiscono Internet fin troppo bene. Pensano che appartenga a loro e che possano depredarlo, prelevando da esso i nostri dati e i nostri soldi, convinti che noi siamo cretini.

Ma l’orda più pericolosa è la terza: Noi.

Un’orda è una massa indifferenziata di persone. Ma la vera essenza di Internet è che ci permette di connetterci, in quanto individui diversi e distinti.

A tutti noi piace l’intrattenimento di massa. Diamine, al giorno d’oggi la TV ne sta facendo delle belle, e la Rete ci permette di guardarcele quando ci pare. Fantastico!

Ma dobbiamo tenere a mente, che trasmettere mass media è solo l’ultimo dei poteri della Rete.

Il super-potere della Rete è la connessione senza bisogno di autorizzazione. Il suo massimo potere è che possiamo fare di essa quello che ci pare.

Dunque non è il momento di metterci comodi e consumare il ma-che-buon cibo spazzatura che Stolti e Marauders hanno creato, come se il nostro lavoro fosse finito. È il momento di soffiare sul fuoco della Rete e trasformare tutte le istituzioni che vorrebbero prenderci in giro.

E’ già iniziata l’invasione sistematica di Internet da parte degli ultracorpi. Non fare errori: con un tratto di penna, una stretta di mano segreta o permettendo ai meme di coprire le grida dei più disperati, rischiamo di perdere l’Internet che amiamo.

Ci siamo rivolti a te negli anni della nascita del Web. Siamo invecchiati insieme a Internet.

Il tempo che ci rimane è poco.

Noi, il Popolo di Internet, dobbiamo ricordare la gloria della sua rivelazione, per poterlo rivendicare ora in nome di ciò che è veramente.

David Weinberger

Doc Searls

8 gennaio, 2015

Un tempo eravamo giovani nel giardino…

a. Internet siamo noi, connessi.

1. Internet non è fatto di cavi, di fibre ottiche, di onde radio e neanche di tubi.

2. I dispositivi che usiamo, per connetterci a Internet, non sono Internet.

3. Verizon, Comcast, AT&T, Deutsche Telekom e 中国电信 non possiedono Internet. Facebook, Google e Amazon non sono i re della Rete, né lo sono i loro servitori o i loro algoritmi. Né i governi della terra né le loro Associazioni per il Commercio hanno il consenso dei connessi per cavalcare la Rete come sovrani.

4. Internet è un nostro bene comune, non una nostra proprietà.

5. Da noi e da quello che abbiamo costruito su di esso deriva tutto il valore di Internet.

6. La Rete è di noi, da noi, per noi.

7. Internet è nostro.

b. Internet non è niente, e non serve a niente.

Le nuove tesi del cluetrain manifesto: noi siamo internet e internet non è niente

8. Internet non è una cosa, più di quanto non lo sia la forza di gravità. Entrambe ci tengono insieme.

9. Internet è una totale non-cosa. Alla sua base c’è un insieme di accordi, che i più nerd fra noi (benedetti siano i loro nomi nei secoli) chiamano “protocolli”, ma che noi potremmo, nel fervore del momento, chiamare “comandamenti.”

10. Il primo e il più importante è: La tua rete muoverà i pacchetti a destinazione senza favoritismi o ritardi in base a origine, sorgente, contenuto o intenzione.

11. Possa dunque questo Primo Comandamento aprire Internet a ogni idea, applicazione, business, avventura, vizio o qualsiasi altra cosa.

12. Non si è mai visto uno strumento così generalmente utilizzabile dall’invenzione del linguaggio.

13. Questo significa che Internet non è fatto per qualcosa in particolare. Non è fatto per i social network, né per i documenti, né per la pubblicità, né per il business, né per l’educazione, né per il porno, né per qualsiasi altra cosa. È adatto nello specifico a fare qualsiasi cosa.

14. Ottimizzare Internet per una singola cosa significa de-ottimizzarlo per tutto il resto.

15. Internet, come la gravità, è indiscriminato. Ci tiene insieme, giusti e ingiusti allo stesso modo.

c. La Rete non è contenuto.

Le nuove tesi del cluetrain manifesto: la rete non è contenuti e non è un medium, è un mondo

16. Su Internet ci sono contenuti fantastici. Ma, maremma formaggina, Internet non è fatto di contenuti.

17. La prima poesia di un adolescente, la tanto attesa rivelazione di un segreto custodito a lungo; un bel disegno buttato giù da una mano paralitica; il post di un blog in un regime politico che odia il suono delle voci del suo popolo: nessuna di queste persone aveva intenzione di creare un contenuto.

18. Abbiamo usato la parola “contenuto” senza virgolette? Ce ne vergogniamo.

d. La Rete non è un medium.

19. La Rete non è un medium più di quanto non lo sia una conversazione.

20. Sulla Rete, il medium siamo noi. Noi portiamo i messaggi. Lo facciamo ogni volta che pubblichiamo un post, ritwittiamo, mandiamo un link in una email o lo postiamo su un social network.

21. Contrariamente a un medium, tu ed io lasciamo le nostre impronte digitali, e talvolta il segno dei denti, sui messaggi che passiamo. Diciamo alle persone perché mandiamo quel messaggio. Lo rafforziamo. Vi aggiungiamo una battuta. Tagliamo la parte che non ci piace. Ci appropriamo di questi messaggi.

22. Tutte le volte che portiamo un messaggio attraverso la Rete, esso porta con sé un piccolo pezzo di noi.

23. Portiamo un messaggio attraverso questo “medium”, solo se esso è importante per noi, in uno qualsiasi degli infiniti modi in cui gli esseri umani possono avere a cuore qualcosa.

24. Avere a cuore — ritenere importante— è la forza motrice di Internet.

e. Il Web è World Wide.

25. Nel 1991, Tim Berners-Lee usò la Rete per creare un regalo, che donò gratis a tutti noi: il World Wide Web. Grazie.

26. Tim ha creato il Web fornendo dei protocolli (di nuovo questa parola!) che dicono come scrivere una pagina che può linkare a un’altra pagina senza chiedere il permesso a nessuno.

27. Boom. Nel giro di dieci anni abbiamo avuto miliardi di pagine sul Web: un’impresa collettiva delle dimensioni di una Guerra Mondiale, e tuttavia così positiva che la più grande lamentela è stata per il tag <blink\>.

28. Il Web è un regno gigantesco e semi-eterno, fatto di cose da scoprire nelle loro fitte inter-connessioni.

29. Questa l’ho già sentita. Ma certo, è esattamente come il mondo reale.

30. Diversamente dal mondo reale, ogni cosa e ogni connessione sul Web è stata creata da qualcuno di noi, mostrando un interesse e un punto di vista su come piccoli pezzi si combinano tra loro.

31. Ogni link creato da una persona, con qualcosa da dire, è un atto di generosità e altruismo, che invita i lettori a lasciare la pagina dove stanno, per guardare il mondo dal punto di vista di qualcun altro.

32. Il Web ricrea il mondo nella nostra forma feconda e condivisa.

Ma ahimè, come abbiamo potuto allontanarcene, fratelli e sorelle…

a. Tuttavia, come abbiamo potuto lasciare che la conversazione fosse trasformata in un’arma?

le nuove tesi del cluetrain manifesto: la conversazione come arma

33. È importante riconoscere e aver cura del dialogo, dell’amicizia e dei mille gesti di empatia, gentilezza e gioia che incontriamo su Internet.

34. E ancora sentiamo le parole “frocio” e “negro” molto più in Rete che fuori.

35. La demonizzazione degli ‘altri’ — persone con look, linguaggi, opinioni, appartenenze o altri modi di stare insieme che non capiamo, apprezziamo o tolleriamo — su Internet è peggiore che mai.

36. Le donne in Arabia Saudita non possono guidare? Nel frattempo, metà di noi non può parlare liberamente sulla Rete senza doversi guardare alle spalle.

37. C’è odio in Rete perché c’è odio nel mondo, ma la Rete rende più facile la sua espressione e il suo ascolto.

38. La soluzione: se avessimo una soluzione, non staremmo qui a scocciare con tutte queste dannate tesi.

39. Possiamo però dire questo: non è stato l’odio a creare la Rete, ma sta portando la Rete — e tutti noi — indietro.

40. Ammettiamo almeno che la Rete ha i suoi valori impliciti. Valori umani.

41. Ad uno sguardo freddo la Rete è solo tecnologia. Ma è popolata da creature che si scaldano per quello a cui tengono: le loro vite, i loro amici, il mondo che condividiamo.

42. La Rete ci offre un luogo condiviso dove possiamo essere noi stessi, insieme ad altri che apprezzano le nostre differenze.

43. Nessuno è padrone di questo luogo. Tutti possono usarlo. Chiunque può migliorarlo.

44. Ecco cos’è un Internet libero. Sono state combattute guerre per molto meno.

b. “Siamo d’accordo su tutto. Ti trovo affascinante!”

le nuove tesi del cluetrain manifesto: amarsi al tempo di internet

45. Il mondo ci si offre davanti come un buffet, eppure noi vogliamo sempre la nostra bistecca con patate, l’agnello con hummus, il pesce con riso, o qualsiasi altra cosa.

46. Facciamo così in parte perché la conversazione ha bisogno di un terreno comune: linguaggi, interessi, regole, punti di vista condivisi. Senza di questi è difficile, se non impossibile, avere una conversazione.

47. Terreni comuni generano tribù. Il Mondo con la sua dura terra ha tenuto a distanza le tribù, permettendo loro di sviluppare incredibili diversità. Evviva! Le tribù hanno fatto crescere il Noi invece del Loro e della guerra. Evviva? Mica tanto.

48. Su Internet, la distanza tra le tribù parte da zero.

49. Apparentemente, essere capaci di trovarci l’un l’altro interessanti non è così semplice come sembra.

50. Questa è una sfida che possiamo affrontare essendo aperti, empatici e pazienti. Possiamo farcela ragazzi! Siamo i numeri 1! Siamo i numeri 1!

51. Essere accoglienti: ecco un valore che la Rete ha bisogno di imparare dalle nostre migliori culture del mondo reale.

c. Il marketing rende ancora più difficile parlare.

52. Avevamo ragione la prima volta: i Mercati sono conversazioni.

53. Conversazione non significa tirarci per la manica, per mostrarci un prodotto di cui non vogliamo sentir parlare.

54. Se vogliamo sapere la verità sui vostri prodotti, la scopriremo da qualcun’altro.

55. Ci rendiamo conto che queste conversazioni sono incredibilmente interessanti per voi. Peccato. Sono nostre.

56. Se volete partecipare alla nostra conversazione siete i benvenuti, ma solo se ci dite per chi lavorate e se potete parlare in modo autonomo e personale.

57. Tutte le volte che ci chiamate “consumatori”, ci sentiamo come mucche che cercano il significato della parola “carne”.

58. Smettetela di trivellare le nostre esistenze per estrarre dati che non vi riguardano e che le vostre macchine interpretano male.

59. Non preoccupatevi: vi diremo noi quando scenderemo sul mercato per qualche motivo. A modo nostro. Non vostro. Fidatevi: sarà meglio per voi.

60. Gli annunci pubblicitari che suonano umani ma provengono dagli intestini irritabili del vostro ufficio marketing, macchiano la stoffa del Web.

61. Quando la personalizzazione porta a cose raccapriccianti, è un chiaro segnale che non capite cosa significa veramente essere una persona.

62. Umano è Personale. Non Personalizzato.

63. Più le macchine sembrano umane, più scivolano nella uncanny valley dove ogni cosa è raccapricciante .

64. E poi: smettetela di travestire gli annunci pubblicitari da news, nella speranza che non ci accorgiamo dell’etichetta appesa alle loro mutande.

65. Quando fate “native advertising” non solo intaccate la vostra stessa credibilità, ma anche la credibilità di tutto questo nuovo modo di entrare in relazione gli uni con gli altri.

66. A proposito, che ne dite di chiamare la “native advertising” con uno dei suoi veri nomi come “product placement”, “pubbliredazionali”, o “notizie finte del cazzo”?

67. Gli inserzionisti sono andati avanti per generazioni senza essere raccapriccianti. Possono cavarsela senza essere raccapriccianti anche sulla Rete.

d. La Gitmo della Rete.

68. Tutti amiamo le nostre scintillanti app, anche quando sono blindate quanto una base lunare. Ma se metti insieme tutte le app blindate del mondo avrai soltanto un mucchio di app.

69. Metti insieme tutte le pagine del Web e avrai un nuovo mondo.

70. Le pagine web creano connessioni. Le app, controllo.

71. Se passiamo dal Web ad un mondo fatto di app, perdiamo tutto ciò che di condiviso stavamo costruendo insieme.

72. Nel Regno delle App siamo utenti, non creatori.

73. Ogni nuova pagina rende il Web più grande. Ogni nuovo link rende il Web più ricco.

74. Ogni nuova app ci dà qualcos’altro da fare sull’autobus.

75. Ahi, un colpo basso!

76. Ehi, “ColpoBasso” potrebbe essere il nome per una nuova app! Già me la immagino, con su scritto “Acquistala nell’App Store”.

e. La gravità è una gran cosa, fino a quando non ci risucchia tutti in un buco nero.

77. Le applicazioni non-libere sviluppate a scapito della Rete libera stanno diventando inevitabili, quanto la forza di attrazione di un buco nero.

78. Se per te la Rete è Facebook, allora ti sono stati messi addosso degli occhiali da un’azienda che ha la responsabilità, nei confronti dei suoi azionisti, di impedirti di toglierli.

79. Google, Amazon, Facebook e Apple fanno tutte il business degli occhiali. La prima verità, che i loro occhiali nascondono, è che queste aziende vogliono impossessarsi di noi proprio come i buchi neri si impossessano della luce.

80. Queste singolarità aziendali sono pericolose, non perché sono cattive. Molte di loro infatti sono impegnate in ottime iniziative di pubblica utilità. Dovrebbero essere applaudite per questo.

81. Ma esse traggono beneficio dall’attrazione gravitazionale della socialità: l’”effetto network” è quello che si verifica quando molti usano qualcosa perché è già usato da molti.

82. Dove non ci sono alternative competitive, dobbiamo stare iper-attenti, per ricordare a questi Giganti della Valley i valori del Web che all’inizio li hanno ispirati.

83. E poi abbiamo bisogno di onorare il suono che facciamo quando uno di noi si allontana coraggiosamente da loro. E’ un suono a metà tra il boato di un razzo, in partenza dalla piattaforma di lancio, e lo strappo del Velcro quando ci si slaccia un vestito troppo stretto.

f. La privacy nell’era delle spie.

le nuove tesi del cluetrain manifesto: l’adolescenza del web

84. Ok governi, avete vinto. Avete in mano i nostri dati. Ora, cosa possiamo fare per assicurarci che userete questi dati contro di Loro e non contro di Noi? Anzi, sapreste dirci che differenza c’è?

85. Se vogliamo che i nostri governi facciano un passo indietro, dobbiamo accettare che se – e quando – ci sarà un nuovo attacco, non ci potremo poi lamentare, dicendo che avrebbero dovuto sorvegliarci meglio.

86. Non c’è scambio equo, se non siamo consapevoli di quello a cui rinunciamo. Non hai mai sentito dire che per la Sicurezza bisogna rinunciare alla Privacy?

87. Con una probabilità, che si avvicina all’assoluta certezza, ci pentiremo di non aver fatto di più per proteggere nostri i dati dalle mani dei governi e dai signori supremi delle grandi aziende.

g. La privacy nell’era dei disonesti.

88. È giusto garantire la privacy personale a chi la vuole. Tutti stabiliamo dei limiti a un certo punto.

89. Domanda: Quanto pensi ci sia voluto affinché la cultura pre-Web capisse dove stabilire i limiti? Risposta: “Quanti anni ha questa cultura?”

90. Il Web è appena uscito dall’adolescenza. Ci troviamo all’inizio, non alla fine, della storia della privacy.

91. Potremo comprendere che cosa vuol dire privato, solo quando avremo capito cosa vuol dire social. Abbiamo appena iniziato a reinventare questi concetti.

92. Gli incentivi economici e politici, per farci abbassare i pantaloni e sollevare la gonna, sono così forti che faremmo meglio a investire in mutande di stagnola.

93. Sono gli hacker ad averci portato a questo, gli hacker dovranno tirarcene fuori.

Per costruire e seminare

a. Kumbaya è bellissima se sei in una cassa di risonanza.

94. Internet è sbalorditivo. Il Web è fantastico. Tu sei bellissimo. Connettiamoci tutti e saremo più incredibilmente meravigliosi di Jennifer Lawrence. È un dato di fatto.

95. E allora, non sminuiamo quello che la Rete ha fatto negli ultimi vent’anni.

96. C’è molta più musica in giro per il mondo.

97. Ora siamo in grado di farci una cultura da soli, salvo occasionali incursioni al cinema per qualcosa di spumeggiante e una busta di pop-corn da 9 dollari.

98. Ora i politici devono spiegare le loro posizioni in modo ben diverso rispetto al vecchio volantino elettorale ciclostilato.

99. Per tutto ciò che non capisci, puoi trovare una spiegazione. Puoi parlarne con altri. Puoi persino litigarci. Non è evidente quanto tutto ciò sia fantastico?

100. Vuoi sapere cosa comprare? L’ultimo a cui chiedere è quel business che fa di tutto per creare un oggetto del desiderio. La migliore fonte di informazioni siamo noi tutti.

101. Vuoi un corso di livello universitario su un argomento che ti interessa? Cerca su Google. Scegline uno. È gratis.

102. Certo, Internet non ha risolto tutti i problemi del mondo. Ecco perché l’Onnipotente ci ha fatto dono delle chiappe: per farcele alzare dalla sedia.

103. Gli oppositori di Internet ci aiutano a mantenerci onesti. Ma li apprezziamo di più quando loro stessi non si comportano da ingrati.

b. Una tasca piena di buone intenzioni.

104. Stavamo per dirvi come aggiustare Internet in quattro semplici mosse, ma l’unica che ci viene in mente è l’ultima: il profitto. Così, invece, ecco alcuni pensieri sparsi…

105. Dovremmo sostenere gli artisti e i creativi che ci danno gioia o ci fanno sentire più leggeri.

106. Dovremmo avere il coraggio di chiedere l’aiuto di cui abbiamo bisogno.

107. La nostra cultura porta naturalmente alla condivisione, mentre la legge porta naturalmente alla difesa del copyright. Il copyright ha la sua funzione, ma nel dubbio, open è meglio.

108. Nel contesto sbagliato sono tutti str–zi. (Anche noi, ma lo sapevate già). Perciò se inviti le persone a fare una nuotata, stabilisci prima delle regole. Tutti i troll, fuori dalla piscina.

109. Se le conversazioni sul tuo sito prendono una brutta piega, la colpa è tua.

110. Laddove c’è una conversazione, nessuno è tenuto a risponderti, non importa quanto sia condivisibile il tuo punto di vista o quanto smagliante sia il tuo sorriso.

111. Sostieni le aziende che hanno davvero capito il Web. Le riconoscerai non tanto perché ci assomigliano, ma perché sono dalla nostra parte.

112. Certo, le app offrono una bella esperienza. Ma il Web è fatto di collegamenti che si diramano in continuazione, connettendoci senza fine. Per la vita e le idee, la completezza è la morte. Scegli la vita.

113. La rabbia è la patente della stupidità. Le strade di Internet sono già troppo affollate di guidatori patentati.

114. Vivi i valori che vuoi promuovere su Internet.

115. Se è un po’ che parli, prova a star zitto. (Tra poco lo faremo anche noi).

c. Stare insieme: la causa e la soluzione di ogni problema.

116. Se ci siamo concentrati sul ruolo del Popolo della Rete — tu e noi — nel declino di Internet, è perché conserviamo ancora la stessa fede che avevamo all’inizio.

117. Noi, il Popolo della Rete, non riusciamo a comprendere quanto si possa fare insieme, perché siamo ancora lontani dall’aver finito di inventare come stare insieme.

118. Internet ha liberato una forza primordiale — la gravità in grado di tenerci insieme.

119. L’amore è la forza di gravità della connessione.

120. Lunga vita a Internet libero.

121. Che si possa avere a lungo un Internet da amare.


Questo è un documento Open Source.

Come per quanto hanno fatto gli autori per il testo originale del cluetrain manifesto (http://cluetrain.com/newclues/), queste Nuove Tesi sono pensate per essere condivise e ri-utilizzate senza il permesso degli autori. Usale come vuoi. Falle tue. L’unica cosa che ti chiediamo è di mettere un link alla pagina originale giusto per fare le cose come si deve.

Per rendere il più semplice possibile la condivisione del cluetrain manifesto, l’utilizzo e il ri-utilizzo delle Tesi abbiamo pubblicato questo testo con la licenza Creative Commons 0. Significa sostanzialmente che questo testo non è coperto da copyright.

Questo testo italiano è stato scritto e pubblicato in formato eBook e come libro cartaceo da Giulio Gaudiano.

Gli assiomi della comunicazione e la dispersione del messaggio

Gli assiomi della comunicazione e la dispersione del messaggio

Recentemente ho avuto la fortuna di imbattermi nel libro “In che senso pardon?” del prof. Roberto Spingardi. In questo post vengono riproposti alcuni temi del libro, con l’obiettivo di analizzare l’importanza degli assiomi della comunicazione umana e quanto questi influiscano sulla vita delle persone e delle organizzazioni.

Gli assiomi della comunicazione teorizzati da Watzlawick.

Gli assiomi della comunicazione furono elaborati dalla scuola di Palo Alto in California ed indicano degli elementi sempre presenti in una comunicazione.

Essi sono:

1° assioma – È impossibile non comunicare. In qualsiasi tipo di interazione tra persone, anche il semplice guardarsi negli occhi, si sta comunicando sempre qualche cosa all’altro soggetto.
2° assioma – In ogni comunicazione si ha una metacomunicazione che regolamenta i rapporti tra chi sta comunicando.
3° assioma – Le variazioni dei flussi comunicativi all’interno di una comunicazione sono regolate dalla punteggiatura utilizzata dai soggetti che comunicano.
4° assioma – Le comunicazioni possono essere di due tipi: analogiche (ad esempio le immagini, i segni) e digitali (le parole).
5° assioma – Le comunicazioni possono essere di tipo simmetrico, in cui i soggetti che comunicano sono sullo stesso piano (ad esempio due amici), e di tipo complementare, in cui i soggetti che comunicano non sono sullo stesso piano (ad esempio la mamma con il figlio).

Paul Watzlawick

Paul Watzlawick, esperto di comunicazione e direttore del Mental Research Institute di Palo Alto dichiara:

Non si può non comunicare. Ogni azione comprende dei contenuti e delle relazioni, la natura delle relazioni dipende dall’insieme dei rapporti comunicazionali tra le persone, gli essere umani comunicazionali sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza. C’è una proprietà del comportamento che difficilmente potrebbe essere più fondamentale e proprio perchè è troppo ovvia viene spesso trascurata: il comportamento non ha un suo opposto. In altre parole non esiste qualcosa che sia “non comportamento” o, per dirla ancora più semplicemente, non è possibile non avere un comportamento.

Per quanto concerne le modalità con le quali si realizza la comunicazione, Paul Watzlawick afferma che le relazioni, ossia i legami tra due soggetti che comunicano, si possono esprimere in due strutture fondamentali, quella simmetrica e quella complementare.

Le relazioni simmetriche sono fondate sull’uguaglianza e sulla minimizzazione della differenza. Ad esempio, il comportamento di un partner tende a rispecchiare quello dell’altro. Lo scambio simmetrico avviene fra interlocutori che si considerano sullo stesso piano, svolgendo funzioni comunicative e ruoli sociali analoghi, come due colleghi di pari peso si collegano attraverso un vero e proprio legame.

Sono complementari le relazioni fondate sulla differenza e la sua accentuazione. Uno scambio complementare fa incontrare persone che hanno una relazione ma non sono sullo stesso piano per potere, ruolo, autorità sociale, interessi. Per esempio: docente e allievo, il conduttore di una trasmissione e il suo ospite, il padre e il figlio.

Gli assiomi della comunicazione e le organizzazioni.

La comunicazione è divenuta col tempo uno strumento sempre più essenziale nella gestione delle organizzazioni – scrive Spingardi. Non esiste riorganizzazione, ristrutturazione, lancio di un nuovo prodotto o alleanza tra imprese che possa essere realizzato senza il supporto concreto della comunicazione esterna e di quella interna. Non facciamo altro, sia come individui che come gruppi, da quando nasciamo e dalla mattina alla sera, giorno dopo giorno, che comunicare esprimendo intenzioni, stati d’animo, emozioni e bisogni.

La società, presa da un vortice irrefrenabile, è destinata alla continua riorganizzazione e a cambiamenti spesso imprevedibili. Non è un caso se la maggior parte delle organizzazioni, semplici e complesse, considera oggi la comunicazione come funzione strategica che consente, tra l’altro, di definire e diffondere una identità nella quale le persone che ne fanno parte si possano riconoscere, di creare consenso, di essere efficiente ed efficace nella definizione degli obiettivi e nelle azioni per conseguirli.

La complessità di alcune organizzazioni ha determinato l’esigenza di processi e sistemi di comunicazione tanto sofisticati e sensibili da rendere l’organizzazione stessa più capace di comunicare all’interno e verso l’esterno di quanto lo siano due singoli individui tra di loro. È certamente anche grazie al corretto utilizzo della comunicazione che una organizzazione evoluta assume caratteristiche molto simili a quelle possedute dall’essere umano, nel senso di circolazione delle informazioni, sviluppo di competenze e sensibilità, capacità di prevedere e gestire i cambiamenti.

Una comunicazione corretta, fatta di informazione completa e onesta rappresenta, di fatto, un vero e proprio valore per la società e spesso se ne sottovalutano le potenzialità ma soprattutto la complessità. Molti la considerano una cosa semplice, quasi banale; pressoché ognuno di noi è convinto di essere un buon comunicatore… Ma non è così.

I cinque assiomi della comunicazione umana

Dispersione.

La vita dunque è fatta di una serie di comunicazioni ed è proprio la qualità dello scambio quotidiano di comunicazioni che facilita o rende più complicate le relazioni.

Comunicare vuol dire “mettere in comune”, quindi per impostare correttamente un’azione di comunicazione e sperare che abbia successo, occorre conoscere bene il contesto nel quale ci troviamo e rispetto al quale intendiamo comunicare, la lingua, le abitudini e credenze, il valore e il significato che le parole e i silenzi hanno in quel contesto. Soprattutto, una volta soddisfatte tutte queste pre-modalità, bisogna conoscere bene l’argomento che si vuole trattare e trasmettere.

Potremo sapere se la nostra comunicazione è stata efficace solo alla fine, quando sarà possibile verificare cosa è stato recepito, cosa è stato capito e cosa è rimasto nella mente di chi ha ascoltato.

Si tratta di prendere coscienza del feedback.

Il problema non è banale e studiosi di tutto il mondo hanno dedicato e continuano a dedicare tempo ed energie nel tentativo di conoscere sempre meglio la comunicazione, le sue implicazioni e conseguenze.

Un’efficace esemplificazione del fenomeno si basa sul parametro “cento” attribuito a ciò che una persona intende comunicare a un’altra e analizza come il processo di comunicazione si sviluppi e da quali e quante dispersioni è caratterizzato il percorso del messaggio.

Indicato con 100 ciò che si intende comunicare, spesso ciò che viene effettivamente comunicato risulta 70; il destinatario del messaggio recepisce 40 e di questo 40 capisce in maniera completa e corretta il 50%.

Siamo quindi arrivati al 20% di ciò che intenzione di comunicare all’inizio. Sembrerebbe provato che l’interesse si concentri soltanto al 75% di ciò che generalmente si ascolta o si comprende; quindi dal 100 iniziale siamo arrivati a 15 e a questo punto scattano altri meccanismi: cosa si accetta, cosa si crede e cosa si ricorda di ciò che è stato ascoltato all’inizio?

Gli studi indicano che 15 diventa 10, poi 5 e infine 2.

Enorme è la distanza tra ciò che si vuole dire, e a volte si è convinti di aver detto, e ciò che invece, alla fine, l’ascoltatore ha recepito, capito, condiviso ed è disposto, consciamente o inconsciamente, a ricordare.

Spesso sottovalutiamo l’importanza di possedere informazioni complete sull’argomento che vogliamo trattare o dibattere, così come non consideriamo con sufficiente attenzione la personalità, la cultura, l’interesse di coloro ai quali vogliamo rivolgerci, dimostrando scarso interesse nei loro confronti.

Non c’è comunicazione se non c’è chi ascolta.

Non c’è suono se non c’è orecchio pronto a raccoglierlo. La comunicazione si realizza con l’arrivo del messaggio e la sua comprensione a colui che è destinato.

Dovremmo imparare a metterci sempre dalla parte di chi ascolta e domandarci:

“Se mi dicessero ciò che sto dicendo io, capirei quello che voglio si capisca?”

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